@ruccutiello scrive:
Io non ho come meta del mio esistere la vita eterna.
Non sono convinto nemmeno che esistra davvero, ma sia solo una chimera, un modo per esorcizzare la morte, per averne meno paura, per accettarla in qualche modo, ma anche se esistesse io non ho alcuna necessità di vivere ancora, indeterminatamente.
La morte, fortunatamente, mette pace a qualsiasi umana angheria, a qualsiasi sofferenza, a qualsiasi tensione: in quel momento non abbiamo più freddo, non abbiamo più sete, non abbiamo più paura. La vedo così e non mi fa paura, è la vita stessa, per come abbiamo imparato a conoscerla, che include il concetto di fine, di morte.
Ed io, nella precaria esistenza, difficile, non semplice, non lineare, preferisco comportarmi esattamente come se dovesse finire, perché ad oggi nessuno può dimostrare il contrario, e certamente non sta a me decidere se potrò 'risorgere', dunque da ciò, da queste mie considerazioni (la vita è breve!) cerco di dare il meglio.
Caro Roccutiello, ormai conosco il tuo pensiero e la tua distinzione che, è utile ripeterlo, va al di là delle apparenze ma rende emerito il comportamento, l'agire e il pensiero positivo, e non c'è teologia astratta che tenga rapportandola a concretezze sul "campo" di tutti i giorni. La positività, sentita e vissuta NON preclude un lascito, un compimento in un eventuale paradiso, anche se al momento sembra assurdo crederci. Se comprendo il tuo stato d'animo, non credo che questo sia privo di sofferenze, la tua è una netta preclusione verso una indefinità Entità superiore, ma in sè non è tragico, sei in buona compagnia... l'importante è che la preclusione non diventi una fuga.
Il non credere (o il credere ipocritamente senza fede) è il limite degli uomini, che soffrono ANCHE per lo stesso riconoscere la mediocrità dei loro limiti. Quel che conta è che l'amarezza di ogni giorno non si perda nella disperazione.
Caro Roccutiello, forse che hai avuto una vita tribolata e difficile? Si spiegherebbero in parte le tue ragioni. Certo, non si può non intristirsi (io per carattere solo un pò...) in considerazione che la maggioranza degli uomini considera solamente il denaro e ad esso lega ogni manifestazione di sentimento, amore, amicizia, tolleranza, comprensione. Chi non accetta di entrare nel "grigio gregge" è senza mezzi termini condannato, boicottato, schiacciato. Difficile amare una società così. L'integrazionismo che va oggi di moda è il più amorale se non immorale aspetto del sistema sociale del nostro tempo: non si tratta di mettere a vantaggio della collettività la propria intelligenza, ma di camuffarla o annullarla, di vendere il proprio spirito per un livellamento sociale che giudico impossibile.
Ecco, ho provato (forse arbitrariamente) di comprendere la tua posizione in ambito spirituale, del perchè della negatività e preclusione verso un Creatore che, credo si manifesta pur immanifesto... Io naturalmente non sarò certamente presuntuoso da pretendere di risolvere i tuoi problemi interiori pigiando su alcuni tasti. Ci vuole ben altro. Anzitutto è impossibile trasformare il cuore e la mente di un uomo col solo ausilio delle parole e degli scritti, la forza dell'esempio è più adeguata allo scopo. In questo senso potresti essere più utile tu a me...
Riuscire a convincersi dell'esistenza di un Dio, è l'archetipo e il paradigma di ogni azione positiva, dell'amore, solo riuscendo a considerare Dio come amore. Senza amore non si vive diceva qualcuno, ma anche senza dolore (fisico o intimo) non si ama. Gesù in croce ne è depositario sentendosi straziato più nell'intimo che nel corpo: Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato?
Un saluto