@TheWalkingSmart scrive:
L'educazione conta fino ad un certo punto, nel senso che il bambino può apprendere gli insegnamenti che si vuole, ma ciò avviene sempre in famiglia, in ambiente protetto, ed a livello teorico. L'insegnamento conseguito viene messo a dura prova all'esterno della famiglia, nella società, nel confronto con gli altri. Lì, fuori, si ha la psiche e i propri insegnamenti soli, senza protezione, e la reazione emotiva ai più svariati eventi è imprevedibilie, solo in parte incanalata nell'apprendimento ricevuto.
Non è raro tanto per fare un banale esempio trovare bambini che tacciono per vergogna o timore il brutto voto a scuola o la ramanzina della maestra, figuriamoci in fatti quali lo sconosciuto o l'adulto del quale ti fidavi che ti fa discorsi strani, ti accarezza in un modo diverso dal solito, e via discorrendo.
L'educazione ricevuta deve inevitabilmente scontrarsi col fuori, la società.
Sono solo ed unicamente le esperienze (brutte o belle che siano) a far maturare la coscienza di sè, a creare muri difensivi o brecce di accoglienza.
L'educazione ricevuta non è sufficiente a scongiurare i pericoli.
Vero. Ma concepiamo in maniera diversa il concetto di educazione, credo.
Per me l'educazione non è qualcosa di teorico che ti viene imposto dall'alto. Ma sono delle linee guida che ti debbeano servire
a svilupparti come persona e a
rispondere al meglio a qualsiasi situazione ti capiti nella bolgia là fuori (leggi mondo brutale) della vita di tutti i giorni, in cui sei da solo e mamma e papà non ci sono.
Un genitore non è un veggente, quindi non è che può prevedere quello che succederà al figlio nella sua vita. Nè potrà effettivamente sapere come lui se la caverà oggettivamente, ma può cercare( ANZI, é QUELLO IL SUO COMPITO PRINCIPALE SECONDO ME) di buttare le basi più solide che può e soprattutto
utili affinché il figlio stesso sia leso il meno possibile nelle situazioni negative.
Ti faccio un esempio concreto, così forse mi faccio capire meglio su cosa intendo. Prendiamo il mio episodio specifico:
Mia madre a me ha sempre tenuto a dire tre-4 cose quand'ero piccolina:
1) stai sempre attenta, all'occhio sempre 2)qualsiasi persona provi a farti del male o a metterti le mani addosso o si comporti in modo strano con te tu 2)cerca di uscire dalla situazione in modo più veloce possibile per far sì che finisca senza troppi danni 3)scappa più velocemente che puoi e non entrare più in quella situazione, evita 4)vienimelo a dire sempre.
Come il fatidico scappa più veloce che puoi, qualsiasi cosa succeda. Me lo sono sempre sentito dire. Giuro che queste cose io me le sono sentite dire da, credo, 3 anni in su (sarà che mia madre si era trovata da giovane in una brutta situazione sul luogo di lavoro, con un capo bavoso, che un giorno le ha chiuso la porta a chiave e le ha allungato le mani. Sto stronzo. Quindi forse, come retaggio di una sua esperienza, ci ha tenuto a trasmetterlo a me fin da piccola piccola. Non lo so. Cmq non è questo il punto, il punto è che io fin da piccolissima mi sono sempre sentita ripetere che in situazioni di "pericolo" si reagisce così). Ma, se noti, puer essendo punti fermi, non sono specifici ed è questo che li rende effettivamente adattabili alle più diverse situazioni secondo me.
Mia madre non poteva certo sapere che mi sarei trovata in una situazione ambigua effettimente e manco che quel giorno nel confessionale potesse succedere.
Quando io mi sono trovata in quella situazione, a parte il fatto di realizzare o meno la cosa nell'immediato... perché non è che l'ho realizzato subito... ma nel suo svilupparsi e anche dopo: cmq non è che ho pensato "ecco: adesso succede questo quindi devo applicare la teoria alla pratica e quindi devo fare questo, questo e quest'altro".
Semplicemente mi è venuto come spontaneo, automatico. Una specie di campanello d'alarme. Infatti io lui l'ho fatto parlare... è sbagliato dire "assecondare" perché na bambina di nove anni non è che asseconda. Non so manco come spiegarti... ma cercavo di uscire semplicemente il più velocemente possibile dalla situazione. A un certo punto mi sono alzata e andata via il più velocemente possibile, non sono più entrata nella mia vita, per tutta una serie di cose, nel raggio d'azione di quella persona incluso anche il fatto di averne parlato ai miei.
E ancora oggi mio padre è convinto che quello fosse un depravato e che io l'abbia rischiata grossa.
Quella situazione quindi è rimasta né più né meno che una situazione ambigua, PER FORTUNA, che mi ha solo lascianto un senso di disagio addosso, e di cui ho ricordi molto fumosi... tipo il discorso che una bambina di 9 anni vada a confessare peccati quali desiderio sessuale e voglia sessuale, cosa in realtà non vera. E "il battere chiodo sempre lì".
ORA, RAGIONIAMO PER ASSURDO:
Facciamo finta che io non mi sia mai sentita dire tutto ciò da mia madre. E di non aver alcun tipo di educazione riguardo a queste situazioni.
Entro per par la confessione dove sta il prete. Casco dalle nuvole... non mi rendo manco conto veramente di quello che succede ma le cose si svolgono nello stesso identico modo della situazione di prima, solo che magari non penso a uscirci in fretta perché non mi è mai stato posto come campanello d'allarme (in fondo sono una bambina); e magari provo anche le stesse identiche sensazioni sopradescritte. Magari però la cosa diventa ancora più ambigua perché appunto non ho il campanello d'allarme e la merda di turno se ne approfitta. Vado a casa e sto zitta, col senso di disagio addosso perché nessuno mi ha mai detto di poterne parlare senza problemi... i genitori, ignari, mi rimandano là e io stesso posso anche tornarci senza grossi problemi al'inizio, perché sono una bambina senza campanelli d'allarme dati dall'educazione; ed ecco che magari succede una seconda o terza volta, e si passa all'abuso piano piano. Ed ecco che a quel punto sei dentro alla spirale senza che volessi effettivamente entrarci e senza che magari i tuoi genitori lo sappiano. Almeno all'inizio.
Poi l'educazione "in radice" data a un bambino è una cosa che gli resta anche da adulto. Anche se poi ognuno forma il suo carattere. Infatti io le situazioni che sento di "potenziale pericolo" cerco di farle passare il più velocemente possibile ancora oggi. Un esempio su tutti: oggi ho 28 anni e prendo treni tutti i giorni. Spesso anche la sera tardi e la mia stazione e il pezzo di strada che devo fare non è proprio un'isola feice; spessissimo è deserto o con brutte facce che girano. Non mi metterei mai minigonna e trucco da battona. Quelle cose magari me le metto in un altro contesto. Con amici e parenti che mi circondano. O in un contesto generalmente più sicuro. Poi è chiaro che non sei mai sicuro al 100%. Ma la vita è questa.
Tutto qui.