Esultanza e trionfalismo da parte dei parlamentari piddini:
Pochi, nella maggioranza, hanno voglia di scherzare.
«Domanda di riserva?», implora il ministro di Leu Roberto Speranza. Per Nicola Acunzo, attore che ha recitato con Mario Monicelli,
«toccare la Costituzione è sempre un azzardo». Lo sa bene il capogruppo del Pd, Graziano Delrio. Per scrivere il discorso della grande capriola, votare sì in quarta lettura dopo aver bocciato le precedenti tre, l’ex ministro si è chiuso a lungo nella sua stanza a Montecitorio. Una volta in aula Delrio giura che
«non c’è nessuna cambiale in bianco, nessun ricatto, nessuna svendita», annuncia il «voto convinto» degli 89 reduci dalla scissione e incassa un coretto di «buu» da Lega e Fratelli d’Italia. Si arrende alla disciplina di partito anche Matteo Orfini, che per giorni aveva tentato la resistenza dell’ultimo giapponese:
«I correttivi hanno ridotto il danno, ma la riforma fa schifo lo stesso e il partito l’ha gestita malissimo, perché l’abbiamo votata gratis».