@excristian1977 scrive:
COSA PENSATE?
Cosa penso che per criticare gli altri bisogna essere senza peccato.
O almeno non avere commesso gli stessi peccati o peggio.
C'è un tizio che qualche peccatuccio sulla coscienza ce lo ha.
ma noi lo abbiamo candidato ugualmente e prima lo avevamo fatto sottosegretario.
Vittorio Sgarbi
Assenteismo e produzione di documenti falsiNel 1996, con sentenza della Pretura di Venezia, è stato condannato a 6 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato di falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, per produzione di documenti falsi e assenteismo nel periodo 1989-1990, mentre era dipendente del Ministero dei Beni culturali, con la qualifica di funzionario ai Beni artistici e culturali del Veneto, e al tempo della sua partecipazione al Maurizio Costanzo Show. Condannato a pagare un indennizzo di 700 000 lire, il critico d'arte si giustificò affermando che la sua assenza dall'ufficio dipendeva dall'impegno per la redazione d'un catalogo d'arte, e parlando di "arbitrio, discrezionalità e follia" a proposito della sentenza. All'inizio del 2016 Vittorio Sgarbi è stato riammesso in servizio nei ruoli della Soprintendenza di Venezia grazie al pronunciamento della sezione lavoro del Tribunale di Venezia (Presidente dottor Luigi Perina).
Diffamazione aggravata contro Caselli e il pool di PalermoIl 14 agosto 1998, dopo il suicidio del magistrato Luigi Lombardini, in un'intervista a Il Giornale ne attribuì la responsabilità alle "inchieste politiche di Caselli uomo di Violante", in quanto "il suicidio di Lombardini ha evidenziato la natura esclusivamente politica dell'azione di Caselli e i suoi" che "impudentemente frugano nella sua tomba sul suo cadavere"; il 17 agosto 1998, ignorando i ringraziamenti dell'avvocato di Lombardini per la correttezza tenuta da Caselli nella conduzione dell'interrogatorio, nonché il positivo pronunciamento del CSM in merito, ne chiede "l'immediato arresto" nonché la "sospensione dal servizio e dallo stipendio". Alla successiva querela, l'intervistatore Renato Farina e il direttore Mario Cervi scelgono il patteggiamento, mentre Sgarbi la via del processo;
a una delle udienze, tenute a Desio, «non si presenta in Tribunale, dicendo di essere a Bologna per un altro processo; il giudice telefona a Bologna e scopre che lì Sgarbi ha fatto lo stesso sostenendo di essere a Desio». Per queste affermazioni nel 1998 verrà condannato dalla Cassazione per diffamazione aggravata sulle indagini del pool antimafia di Palermo guidato da Gian Carlo Caselli, oltre a 1 000 € di multa.
Vi è chi, di fronte a questo pronunciamento, ha sostenuto che la condanna sarebbe occorsa per aver Sgarbi definito le indagini "politiche", esercitando il proprio diritto di critica. Questa ricostruzione è stata contestata da Marco Travaglio, per il quale "criticare significa affermare che un'inchiesta è infondata, una sentenza è sbagliata. Ma sostenere che un PM e l'intera sua Procura sono al servizio di un partito, agiscono per finalità politiche, usano la mafia contro lo stato, non è criticare: è attribuire una serie di reati gravissimi, i più gravi che possa commettere un magistrato".
Civili per ingiurie contro Marco TravaglioIl 1º maggio 2008, durante la puntata televisiva di AnnoZero, Vittorio Sgarbi si rivolse al giornalista Marco Travaglio con insulti molto pesanti: "Siamo un grande Paese con un pezzo di merda come te". Il 10 dicembre 2009 il Tribunale civile di Torino condanna Sgarbi a 30 000 € di risarcimento per ingiurie e al pagamento delle spese legali. Il giudice ha anche stabilito la pubblicazione della sentenza su la Repubblica e La Stampa.
Il 6 ottobre 2010 è stato nuovamente condannato al pagamento di 35 000 €, avendo affermato "Mi correggo. Travaglio non è un pezzo di merda. È una merda tutta intera" dapprima sulle colonne del quotidiano online "La voce d'Italia" e, due giorni dopo, dagli studi di Domenica Cinque, il programma televisivo condotto da Barbara D'Urso.
Diffamazione contro Roberto ReggiNel luglio 2009 Sgarbi è stato condannato per diffamazione: la sentenza è stata emessa dal tribunale di Monza. Il critico d'arte infatti insultò Roberto Reggi, sindaco di Piacenza, dai microfoni di RTL 102.5; il pubblico ministero aveva chiesto 4 mesi, ma la pena fu poi inasprita a 6 mesi. Tuttavia grazie all'indulto la pena fu sostituita da un risarcimento pecuniario da versare nelle casse del comune piacentino.
Diffamazione contro Raffaele TitoNonostante la sopraggiunta prescrizione che ha "cancellato" il reato di diffamazione, il 26 maggio 2010 Sgarbi è stato condannato dalla Corte d'appello di Venezia al pagamento di 110 000 € come risarcimento al procuratore aggiunto di Udine ed ex PM di Pordenone Raffaele Tito per averlo pesantemente diffamato, nel 1997, nel corso di alcune puntate di Sgarbi quotidiani andate in onda su Canale 5. L'ammontare del risarcimento è stato ridotto di un quarto rispetto a quello stabilito in primo grado, in quanto per una delle trasmissioni incriminate Sgarbi è stato dichiarato non punibile. L'intero iter giudiziario è durato ben 13 anni in quanto i legali di Sgarbi, dopo la condanna di primo grado a un anno e un mese di reclusione intervenuta nel 2001, avevano fatto ricorso alla Corte costituzionale rilevando l'insindacabilità delle sue affermazioni in quanto all'epoca il critico era parlamentare, ma la Consulta rispedì gli atti al Tribunale rigettando l'istanza e dando il via libera al processo.
Ingiuria contro Gianfranco AmendolaCon sentenza del 15 settembre 2003 del Tribunale civile di Roma, Sgarbi è stato condannato al pagamento a favore del magistrato Gianfranco Amendola di 30 000 euro, oltre alle spese legali, per le frasi ingiuriose pronunciate nel corso di una serata del Maurizio Costanzo Show nel 1993, quali, come da sentenza, "incapace, ignorante, bugiardo, maiale". Dieci anni di causa di primo grado scandite da intervenute modifiche di legge e da una sentenza della Corte costituzionale che annullò la delibera di insindacabilità a favore di Sgarbi adottata dalla Camera dei Deputati. Sentenza confermata nel 2009 dalla Corte d'appello di Roma con condanna a ulteriori spese legali, passata successivamente in giudicato.
Diffamazione contro Ilda Boccassini (confermata in Cassazione)Nel maggio 2011 la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10214, confermò la condanna al risarcimento per danni da diffamazione, a favore del PM milanese Ilda Boccassini, a carico di Sgarbi e del circuito televisivo di Mediaset. La Suprema Corte respinse il ricorso con il quale Sgarbi e Reti Televisive Italiane sostenevano la liceità di alcune espressioni usate nella trasmissione Sgarbi quotidiani, andata in onda il 16 febbraio 1999, durante la quale la Boccassini veniva criticata in relazione all'inchiesta sul capo dei GIP della Capitale, Renato Squillante. Sgarbi e RTI sono stati condannati a rifondere in solido Boccassini con 25 822 euro.
Civile per diffamazione contro il pool di Mani pulite (confermata in Cassazione)Nel 2011, a seguito di una vertenza che durava dal 1994, Sgarbi si accordò a versare 60 000 euro a tre ex PM del pool di Mani pulite di Milano, Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo e Francesco Greco, per poi rifarsi sui giornali che avevano pubblicato le dichiarazioni (Avvenire e il Giornale), peraltro pronunciate e ripetute nel programma tv Sgarbi quotidiani. Nel 2015 invece la Cassazione addebitò al solo Sgarbi il risarcimento, obbligandolo a pagare tale somma ai tre diffamati. Sgarbi li aveva definiti "assassini", in riferimento al suicidio in carcere di Gabriele Cagliari e a quelli di altri indagati a piede libero, come Raul Gardini e Sergio Moroni. Sgarbi disse in particolare:
«Di Pietro, Colombo, Davigo e gli altri sono degli assassini che hanno fatto morire della gente. Vanno processati e arrestati. È giusto che se ne vadano, nessuno li rimpiangerà. Vadano in chiesa a pregare per tutta quella gente che hanno fatto morire: Moroni, Gardini, Cicogna, Cagliari. Hanno tutte queste croci sulla coscienza. Ringrazio Iddio che, con questo decreto , eviteranno essi stessi l'arresto per tutti gli assassinii che hanno commesso.»
Non sono invece rientrati nel procedimento gli altri giudici: Borrelli, Di Pietro e il defunto D'Ambrosio.
Oltraggio e resistenza a pubblico ufficialeIn seguito a un episodio in cui Vittorio Sgarbi avrebbe insultato quattro Carabinieri e intimato al suo autista a non fermarsi di fronte al loro "Alt" presso Expo 2015 a Milano, il soggetto è stato condannato nel luglio 2016 a versare 11 000 euro di risarcimento: 1 000 all'Arma dei Carabinieri e 10 000 ai quattro carabinieri.
Diffamazione di Nino Di MatteoNel maggio 2018 il giudice monocratico di Monza Bianchetti ha condannato Vittorio Sgarbi a sei mesi di reclusione per avere diffamato, su Il Giornale, il magistrato palermitano Nino Di Matteo, dato che il 2 gennaio 2014 aveva scritto: «Riina non è, se non nelle intenzioni, nemico di Di Matteo. Nei fatti è suo complice». A tre mesi, per omesso controllo, è stato condannato il direttore del quotidiano Alessandro Sallusti. Entrambi hanno avuto la sospensione della pena.
Diffamazione contro Italo TomassoniCondannato a una multa di 20 000 euro e al risarcimento di 20 000 euro per aver diffamato il critico d'arte Italo Tomassoni.
Diffamazione contro Virginia RaggiNel gennaio 2024 il giudice monocratico di Roma ha condannato Vittorio Sgarbi alla pena pecuniaria di 2 000 euro a favore dell'ex sindaco di Roma Virginia Raggi a causa delle sue parole in una trasmissione televisiva nel febbraio 2018, quando paragonò la città di Roma alla città di Palermo di Vito Ciancimino. Nei confronti di Sgarbi è stata prevista anche una provvisionale di 20 000 euro.[