Da "Il Riformista"
https://www.ilriformista.it/lasse-franco-tedesco-va-in-soffitta-gli-elettori-vogliono-una-nuova-unione-europea-466153/I cittadini europei mandano un messaggio chiaro all’Unione, e lo dimostra anche il consenso di AfD. Francia e Germania ne escono con le ossa rotte: il loro modello non regge più, serve un’altra Europa
Il tonfo inatteso del primo scrutino che ha visto Merz andare sotto di 18 voti al Parlamento tedesco. Il terremoto post “scomunica” di Alternative für Deutschland. La vittoria schiacciante di Simion in Romania. La rimonta di Farage in Inghilterra che ha fatto saltare, forse per sempre, il già logoro bipolarismo laburisti-conservatori. La clamorosa decisione di escludere Le Pen dalla possibilità di correre per l’Eliseo. E persino le martellanti incursioni americane, da Trump a Vance, da Musk a Rubio, contro il fortino europeo. C’è un filo rosso che unisce tutti questi “episodi”: siamo passati dalla percezione di essere di fronte a un cambio di registro epocale nel nostro continente alla presenza degli avvoltoi, che fiutano l’odore di un corpo vicino al disfacimento e si preparano a lanciarsi sul banchetto.
I protagonisti di questo De Profundis da tragedia greca sono due: le burocrazie europee sull’orlo del baratro, con la pistola fumante puntata alla tempia dell’Unione, e i popoli europei che scalpitano per ritrovare una voce. Una dinamica che, lungi dal consigliare un rinnovato dialogo, provoca reazioni isteriche in chi si è chiuso nella torre e mangia i propri figli, come il Conte Ugolino. Ma nessuno ne uscirà vivo, come profetizzava il divino poeta che già allora conosceva le profonde divisioni dell’anima europea. E i tempi odierni sembrano mostrare che da allora poco è cambiato.
Gli sforzi di costruire una casa comune sono naufragati nell’ipertecnicismo dei burocrati di Bruxelles, alfieri di un sofismo procedurale ormai percepito come un affronto non solo al buon senso ma persino alle libertà delle singole nazioni. E gli ultimi voti popolari esprimono un dissenso montante che sfiora la ribellione verso la sordità di un’élite solipsistica che rappresenta solo sé stessa. Che qualcosa non funzioni non lo pensano solo i sovranisti o i conservatori. Il disagio, rispetto all’ubris della Commissione europea, scuote dall’interno le stesse istituzioni ed è ormai divenuto una frizione palpabile: Roberta Metsola si è detta pronta a un possibile ricorso alla Corte Ue contro la decisione di von der Leyen di scavalcare il voto della Plenaria sul piano di riarmo europeo da 800 miliardi ReArm Eu. La presidente dell’Eurocamera ha manifestato la sua totale contrarietà al ricorso all’articolo 122 e lo ha messo nero su bianco in una lettera inviata alla numero uno di Palazzo Berlaymont.
Un fatto grave, inedito, che esplicita un forte contrasto sotterraneo, ormai divenuto palese, tra il Parlamento – sede della rappresentanza e della politica – e il governo europeo. Contrasto che arriva, più o meno consapevolmente, in seguito alla presa d’atto di questa forte insofferenza che si sta diffondendo in tutto il continente. Più o meno consapevolmente, appunto, perché se è vero che la politica a volte intuisce e riesce a prevedere gli umori e le tendenze del popolo, non sempre riesce a dare seguito a percorsi che indichino una via d’uscita dallo stallo. Che oggi si fa voragine.
Questo quadro ci regala un risvolto quasi ironico, una sorta di “rivincita” per noi italiani: il nostro Paese, fino a ieri fanalino di coda tra i grandi d’Europa, oggi è visto come un modello di stabilità, come un esempio virtuoso di tenuta politica e come ispiratore di pratiche funzionanti in tema di immigrazione, da importare persino nella laburista Gran Bretagna. Il tempo è galantuomo. Allo stesso tempo è evidente come i governi protagonisti delle vicende europee degli ultimi decenni, Germania e Francia in testa, grandi king maker dei governati brussellesi e guida di tutte le misure economiche finanziarie modellate sulle scelte e sugli interessi delle loro banche centrali, ne escono con le ossa rotte. Oggi questo modello non regge più. Piaccia o no, più della metà degli europei sceglie di esercitare il massimo diritto democratico, ossia il voto, per mandare un messaggio chiaro: il modello delle leggi calate dall’alto, delle restrizioni finanziarie e della severità punitiva non è più gradito.
L’asse franco-tedesco, con il sistema dei Paesi vassalli, va in soffitta. Serve una nuova Europa. Il filosofo Giorgio Agamben, con l’immaginario onirico che si addice ai metafisici, aveva lanciato tempo fa la “provocazione” di un ritorno a un impero europeo come unica via d’uscita dal pantano. Difficile che il ritorno dell’Europa delle nazioni incoroni un nuovo imperatore. Ma un fatto è certo: dopo secoli, l’Impero Carolingio è giunto alla fine.
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Gli sforzi di costruire una casa comune sono naufragati nell’ipertecnicismo dei burocrati di Bruxelles, alfieri di un sofismo procedurale ormai percepito come un affronto non solo al buon senso ma persino alle libertà delle singole nazioni. E gli ultimi voti popolari esprimono un dissenso montante che sfiora la ribellione verso la sordità di un’élite solipsistica che rappresenta solo sé stessa.
il nostro Paese, fino a ieri fanalino di coda tra i grandi d’Europa, oggi è visto come un modello di stabilità, come un esempio virtuoso di tenuta politica e come ispiratore di pratiche funzionanti in tema di immigrazione, da importare persino nella laburista Gran Bretagna.
Allo stesso tempo è evidente come i governi protagonisti delle vicende europee degli ultimi decenni, Germania e Francia in testa, grandi king maker dei governati brussellesi e guida di tutte le misure economiche finanziarie modellate sulle scelte e sugli interessi delle loro banche centrali, ne escono con le ossa rotte. Oggi questo modello non regge più. Piaccia o no, più della metà degli europei sceglie di esercitare il massimo diritto democratico, ossia il voto, per mandare un messaggio chiaro: il modello delle leggi calate dall’alto, delle restrizioni finanziarie e della severità punitiva non è più gradito.
L’asse franco-tedesco, con il sistema dei Paesi vassalli, va in soffitta. Serve una nuova Europa
ANALISI PERFETTE